tecnologie di frontiera

I misteri della (new) space economy

Le tecnologie di frontiera, come l’intelligenza artificiale, la blockchain, le biotecnologie, il quantum computing, le nanotecnologie e la robotica avanzata rappresentano strumenti potenti che possono rivoluzionare i modelli di business tradizionali, migliorare l’efficienza operativa e aprire nuove opportunità di mercato.

Si tratta di tecnologie che permettono alle imprese di automatizzare processi complessi, ridurre i costi, e ottenere informazioni più accurate grazie all’analisi dei dati in tempo reale.

Inoltre, abilitano la creazione di nuovi prodotti e servizi che rispondono meglio alle esigenze emergenti dei consumatori, offrendo esperienze personalizzate e di alto valore.

Ogni rivoluzione prende abbrivio da una fase titanica, eroica, i cui protagonisti divengono noti, semidei rinomati e distanti, talvolta finendo col mutarsi in archetipi, novelli Prometeo che portano il fuoco agli uomini.

Le rivoluzioni, però, si realizzano pienamente quando cessano di essere exploit e diventano consuetudine, sistemi di prassi; in altre parole, quando la società le immette in quel processo di attuazione della conoscenza che chiamiamo innovazione.

Con la rivoluzione spaziale ci avviciniamo a questo punto. Già oggi le tecnologie spaziali sono in grado di modificare in maniera significativa i sistemi produttivi, anche in settori apparentemente conservativi e distanti come l’agricoltura o l’industria alimentare. I margini di miglioramento delle tecnologie sono enormi ed è difficile persino immaginare quali nuovi modelli di business saranno innescati da sistemi che operano al di fuori dell’atmosfera terrestre e quindi, auspicabilmente, al di fuori di logiche inveterate e limitanti. Quello che manca per realizzare pienamente questo cambio di paradigma sono le persone.

Una rivoluzione dei sistemi produttivi non può che determinare una rivoluzione nel mondo del lavoro modificando radicalmente il sistema delle competenze associate a specifiche professionalità e generando profili del tutto nuovi.

Lo spazio ci costringe a progettare in scarsità, facendo un uso più che parsimonioso di tutte le risorse e inducendoci a impiegare tecnologia, conoscenza e creatività per ridurre i consumi, abbattere gli sprechi e riutilizzare il più possibile: pare che di competenze di questo tipo vi sia un grande bisogno anche qui.

Conoscere questa transizione e le direttrici che stanno affiorando e che sembrano caratterizzarla è una necessità strategica. Un sistema non in grado di riqualificarsi per tempo e posizionarsi sulla breccia del cambiamento è destinato a perdere competitività, probabilmente con una rapidità inedita, considerato il potenziale delle applicazioni spaziali: quella che oggi può essere una scelta di posizionamento, domani diventerà una condizione basilare, il che rende urgente non solo lo sviluppo di percorsi dedicati ai nuovi mestieri ma, prima ancora, un ridisegno del sistema di competenze dei ricercatori, affinché maturino una visione dello spazio e delle tecnologie spaziali come ambiente abilitante per nuovi approcci alla ricerca, e sviluppino la prospettiva e le capacità idonei a sfruttarne al meglio le opportunità. 

Quali competenze richiede, oggi, la rivoluzione industriale che si prepara? Quali competenze richiederà in futuro, come modificherà i profili e le professionalità? Quali nuovi mestieri compariranno e a quali forme della produzione dobbiamo cominciare ad abituarci?

La rubrica che inauguriamo oggi nasce con il proposito di interrogarsi su questo: quali saranno i mestieri dello spazio, le nuove professioni nate dalla space exploitation (lo sfruttamento dello spazio, non più solo l’esplorazione) e come si modificheranno le professioni esistenti. 

La domanda sarà, soprattutto, come prepararci, in quanto Europa e sistema Paese, a rimanere competitivi e a realizzare i nostri obiettivi di sostenibilità, equità e inclusione quando la pervasività delle nuove tecnologie avrà raggiunto la groppa dell’elefante. 

Testo a cura di Domenico Caprioli